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Gruppo Sportivo Tebaldi
 

Uscita sociale al Passo Manghen

Visto che qualcuno ha richiesto di avere un articolo sull’uscita nella bella tradizione che Luca Ferrarini ha fino ad ora portato avanti, vista l’occasionale mancanza del reporter ufficiale, provo a raccogliere qualche impressione che mi è utile per fissare le sensazioni mentre sono ancora fresche e vive. Mi cimento in questa stesura non per competere con qualcuno, non mi permetterei mai, non competo con la bici, figuriamoci con la penna, ma solamente per tentare di dar modo a coloro che non hanno potuto partecipare, di cogliere alcune sfumature vissute in prima persona. Anche perché per me è stata la prima uscita sociale e, come si sa, tutte le prime volte hanno un sapore particolare, unico. Proviamo. Vediamo se esce qualcosa di buono. Ovviamente sarà un piccolo resoconto visto con la prospettiva di uno che la bici la usa da poco e che, visti i limitati mezzi atletici ed agonistici, ha vissuto l’uscita nelle retrovie, ben distante dal gruppo di testa. Gli amici che vanno forte dovranno avere una particolare comprensione se non verranno citati spessissimo, ma il motivo è molto semplice: in fondo al gruppo, distanziati, non si può vedere più di tanto di quello che succede davanti. Ritrovo dal “Moccoli” (inserisco il nome fra virgolette perché non so bene se si tratta di nome vero e proprio o nomignolo) alle 7 del mattino. Arrivano i furgoni, uno per le bici condotto da Sergio e uno per i partecipanti condotto dal Presidente che si rivela un buon driver, a volte anche troppo veloce, ma sempre all’interno del codice della strada e della sicurezza dei passeggeri. Entrambi gli autisti hanno rinunciato, mi sembra di buon grado, a pedalare per seguire i corridori con i mezzi con l’occorrente bisogno per il giro. Meno male che qualcuno si è reso disponibile, altrimenti sarebbe stato un problema la riuscita del giro. Ognuno dei partecipanti si preoccupa di caricare il proprio prezioso mezzo ciclistico con la massima cura, predisponendo cartoni, teli, polistiroli. Niente a confronto della sistemazione di Luciano che carica la sua bici (quella “vecchia” per evitare che la nuova non prenda cattive abitudini vicino a certi “cancelli”) in una professionale sacca porta bici. Qualcuno sottolinea che la classe non è acqua. Come smentirlo? Quasi pronti per partire arriva Beghignoli in bici tutto trafelato giustificandosi che la sveglia del cellulare aveva sì suonato, ma che lo stesso non era correttamente regolato sul nostro fuso orario. La commissione della classifica Maori, dimostrando estrema puntualità punitiva degna dell’Inquisizione del più profondo medioevo, era già pronta a valutare e conteggiare la penalità. Iscritta e puntuale alla partenza c’era anche una e sola ragazza, Claudia, che si rivelerà una delle sorprese della giornata per freschezza, risultati e perché con la sua presenza ha elevato i discorsi di giornata ad un livello assai superiore all’istintiva indole dei ciclisti maschi. Oltre a due furgoni c’erano anche 3 automobili con le quali i rispettivi autisti e ciclisti contavano di accelerare il rientro a casa. Lungo il trasferimento d’andata il discorso non poteva non cadere sulla difficoltà dell’uscita che si stava per iniziare e davanti all’affermazione che il Manghen è pari a due Peri-Fosse qualcuno ha cominciato ad accigliarsi e sommessamente commentare: “Forse non è stata una grande idea partecipare a questa uscita…”. Nonostante ciò siamo arrivati a Pergine Valsugana parcheggiando tutti in uno spazio preposto vicino al cimitero e alla piscina del paese. Fortunatamente abbiamo usufruito dei servizi della seconda senza aver nessun bisogno del primo (ognuno è autorizzato a compiere i riti scaramantici che ritiene più opportuni). Dopo esserci preparati a dovere, compreso qualche siparietto a favore di qualche attempata signora che si è trovata a manovrare nel parcheggio mentre alcuni ciclisti davano aria ai propri attributi (per cambiarsi, cosa avete capito???), foto di rito e partenza in direzione Cavalese. Primi 46 km circa di salita che i ciclisti (forti) definiscono pedalabile. Per quanto mi riguarda si tratta sempre di salita da conquistare. In questa fase il Presidente, oltre a seguire il drappello dei ciclisti aveva il compito di documentare fotograficamente con il valido supporto del figlio Andrea e di mantenere il gruppo più unito possibile perché lo spirito agonistico di alcuni dei partecipanti tendeva a distanziare altri dei nostri compreso lo scrivente. Poco male. In prossimità di Molina di Fiemme, nella omonima valle, sosta ristoratrice per affrontare al meglio i 16,2 km del passo Manghen che si è rivelato una salita per niente indifferente. Per dirla con le parole di Guido: “quando la strada la diventa un biseto, allora sì che l’è montagna”. E di montagna vera si è trattato, tanto che qualcuno, saggiamente e coscienziosamente, ha ritenuto di avvalersi del servizio di supporto per non compromettere la propria incolumità fisica. Nonostante il contrattempo per aspettare i più giudiziosi sono riuscito a cogliere, in cima la salita, Claudia con a fianco Roberto (a proposito era Claudia che aspettava Roberto o viceversa, ma…). Il tempo di vestirsi adeguatamente (c’erano 13°C!!!), mangiare un po’, foto ricordo con la tabella del Passo Manghen - 2047 m e via giù per la discesa dall’altra parte. Se la salita si è rivelata impegnativa, altrettanto la discesa che era di 23 km, anche perché qualcuno l’ha interpretata in maniera forse un po’ troppo aggressiva (vero Claudio?). Arrivati a valle piccola sosta per ritornare con la divisa estiva e ripartenza verso Pergine percorrendo una serie di saliscendi definiti classicamente mangia e bevi che personalmente più che riempirmi mi hanno proprio svuotato di energie. Come già successo alla Rosina il gruppetto di testa, nonostante fosse stato ampiamente preavvisato, ha imboccato la direzione per Pergine in maniera del tutto autonoma, scatenando immediatamente l’azione della commissione classifica Maori che già pregustava la penalizzazione per recidiva nei confronti di diversi titolati corridori. Dopo l’intervento del Presidente che, rincorso i fuggitivi li ha fatti rientrare nel percorso stabilito, siamo arrivati al punto di partenza dopo aver costeggiato il lago di Caldonazzo: una meraviglia che ripagava i notevoli sforzi di un giro per niente banale (almeno per me). Alla fine il mio display segnava 117 km. Scusate se è poco. Come conclusione abbiamo trovato ad attenderci la piscina, che con un gesto di lungimiranza organizzativa del nostro Presidente, ci ha permesso di fare una doccia ristoratrice salvaguardando la qualità di vita sociale del ritorno a tutti i partecipanti. Una menzione doverosa va fatta a tutta l’organizzazione dell’uscita di cui a più riprese avevo sentito gli elogi, ma che nella realtà ha superato di gran lunga le più rosee aspettative. Se si potesse dare un voto all’uscita in generale e alla sua organizzazione posso sicuramente affermare che il pieno dei voti con la lode mi sembra del tutto motivata, anche perché meglio di così è veramente difficile. Con questo possiamo chiudere il resoconto nella speranza e con l’augurio che vi siano tante altre occasioni di poter gustare giornate come quella del Manghen. Ciao a tutti.

 

Marco Sordo